Paolo Capodacqua (Album strumentale – SDN 065 Storie di note 2009)
Parlare, o perlomeno cercare di cucire due parole sull’arte di Paolo Capodaqua, è come voler disegnare l’elio; tutti uniti nel ritenere questo artista chitarrista “inafferrabile”, uno tra i più grandi interpreti di sogni a sei corde, capace di ondeggiare, abbozzare, sintetizzare il volo come fattore di libertà suprema attraverso un arpeggio, un accordo, uno struscio di corda.
Storica chitarra che accompagna Claudio Lolli nelle sue avventure, Capodacqua arriva con il suo “Un, Deux, Trois” ( una produzione distribuita esclusivamente in versione digitale (MP3) sulla piattaforma I-Tunes), un disco strumentale, pieno di metafore delicatissime che raccontano –a suoni – immagini di infanzia, di scoperte e mondi interiori, un crossing di sensazioni dove si intravedono scorrere le affabulazioni di Gianni Rodari che giocano a moscacieca con gli omini color carta zucchero di Folòn; dove tutto sembra tornare piccolo, vergine e innocente, recuperato dal perduto.
C’è tanta di quell’infanzia perduta dentro di noi in questa meraviglia, dalle cose semplici che sembravano insormontabili alle complicazioni che nascondevano sotto sotto cose da nulla. Una chitarra e un loop station bastano per creare tutto un universo di sguardi all’indietro, di piccole inversioni a U della memoria, che attraverso i passaggi a Nord/Sud/Est/Ovest di queste quattordici tracce profumate al borotalco, ci fanno regredire di benessere a quando non si era ancora uomini difettati.
La tecnica e il tocco chitarristico dell’artista Avezzanese, ineccepibile nello sfiorare modularità new age, mediterraneità popolare e tradizione Brassensiana, diventa ambra di echo arpeggiati (L’attesa), gigiona e bohemien da bistrot (Clownerie), remigante come la penna di un gabbiano (Aquarium), si libera dalla gravità (Tu avrai delle stelle che sanno ridere), birichina e guascona (Pillole) e immensamente carica di fanciullezza familiare scandita a carillon (La scatola di biscotti Mellin), quel quadratone di latta che non tutti si potevano permettere, dove tutte le mamme usavano mettere – una volta finita la biscotteria – aghi, e spolette di filo colorato per il cucito.
Deja Vù a più non posso, una volta che questo disco viene fatto girare; ti fa prendere la scorciatoia per scivolare quanto prima nella vena della malinconia, ti fa rivivere la gioia e l’amarezza verso qualcosa che non c’è più e che non tornerà.
Paolo Capodacqua si avvale della collaborazione della giovane pittrice milanese Linda Brindisi per “disegnare con i tratti” quello che lui “colora con la musica”; infatti la pittrice sperimenta nuovi modi di dipingere tramite la pittura collettiva. Disegna su enormi rotondi di carta mappe oniriche e tutti possono dipingerci sopra, ed un esempio ne è – in formato miniaturizzato – la copertina di questo superlativo registrato che sulle movenze a ninna nanna Irlandese di “Continua….” ci dondola, ci culla e ci vorrebbe trattenere nel suo mondo di soldatini di piombo e trottole di legno fino a stringerci il cuore.
“Un, Deux, Trois”, e che ci porti una manciata di stelle e cielo per ricominciare a sognare.
Massimo Sannella su Mescalina (10-4-2009)
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Video-presentazione dell’album da parte del suo compositore Paolo Capodacqua
Ripresa video di Salvo Manzone presso il Piccolo Auditorium di Storie di Note a Orvieto (inverno 2009), in occasione della registrazione dell’album Lovesongs di Claudio Lolli